COME NASCE UN OGM


Siamo due ragazze che frequentano la seconda superiore e in questa pagina trattiamo di qualcosa che è presente nelle nostre case eppure non ce ne rendiamo conto : gli OGM,  un argomento molto discusso nei nostri giorni.
Per informarvi di più su questa realtà comune vi spiegheremo la nascita degli OGM.


L’ Organismo Geneticamente Modificato (OGM) è un organismo vivente che possiede un patrimonio genetico modificato tramite tecniche di ingegneria genetica, che consentono l'aggiunta, l'eliminazione o la modifica di elementi genici.


STORIA
La storia degli OGM ha praticamente inizio con la scoperta, da parte del microbiologo svizzero Wener Arber, degli enzimi di restrizione, sostanze di origine batterica che sono in grado di individuare e tagliare frammenti di DNA, perciò gli enzimi di restrizione vengono anche detti forbici molecolari. La scoperta ha aperto la strada alla possibilità di "tagliare e cucire" il DNA permettendo il mescolamento dei patrimoni genetici di specie diversa fra loro.
Il primo OGM  dell'era moderna è stato ottenuto nel 1973 da Stanley Norman Cohen e Herbert Boyer che furono in grado di clonare un gene di rana all'interno del batterio Escherichia coli.
Negli anni '70 del XX secolo, la Genentech, una società fondata da Boyer riesce a produrre, attraverso il batterio Escherichia coli, le proteine ricombinanti somatostatina e insulina.
Lo sviluppo delle tecniche che portavano alla creazione di OGM portò anche alla nascita di violente dispute e polemiche che peraltro non si sono ancora placate.
La tecnica del DNA ricombinante, come era prevedibile, non è stata utilizzata soltanto per nuovi farmaci, ma si è allargata a diversi settori; attualmente gli organismi geneticamente modificati vengono utilizzati in ambito alimentare, agricolo, medico, industriale e nel settore della ricerca scientifica.

COME SI PRODUCONO
Gli OGM vengono prodotti attraverso procedimenti di tipo biotecnologico. Le biotecnologie sono tecniche che sfruttano le proprietà delle cellule sia vegetali sia animali per produrre nuove varietà di piante o animali con scopi che vanno dal consumo alimentare alla produzione di farmaci o vaccini, al trapianto di geni per contrastare determinate malattie.

Lo sviluppo della genetica consente infatti di trasferire geni in un seme vegetale o in un uovo fecondato animale, ottenendo un “nuovo” individuo, denominato transgenico.
Le finalità principali sono di ottenere esemplari “migliori”. 


Nel caso delle piante per esempio un prodotto transgenico può: 
  • essere più resistente ed evitare l'uso di pesticidi
  • avere un indice di produttività migliore
  • avere caratteristiche nutrizionali migliori

 
TECNICA USATA PER OTTENERE GLI OGM
  1. Isolamento del gene che si vuole trasferire, separandolo dal restante DNA mediante un enzima di restrizione.
  2. Inserimento del gene isolato in un vettore molecolare (plasmide batterico) o direttamente nelle cellule vegetali, batteriche o animali (in questo caso non c’è bisogno di ulteriori manipolazioni, basta mettere le cellule in coltura).
  3.  Replicazione del plasmide in un batterio per avere più copie del gene da trasferire.
  4. Trasferimento del plasmide in una cellula, ottenendo così un nuovo individuo con capacità desiderate.

ISOLAMENTO
 L'isolamento si effettua tramite gli  enzimi di restrizione, i quali sono complessi proteici scoperti in alcuni ceppi batterici e capaci di tagliare il DNA in corrispondenza di specifiche sequenze di basi, diverse per ciascun enzima, permettendo così di frammentare il genoma in maniera precisa e riproducibile. I tagli possono avvenire all’interno della catena, per opera delle endonucleasi, o alle estremità, per opera delle esonucleasi. L’utilizzo di questi enzimi ha permesso di isolare singoli frammenti di DNA. I ricercatori hanno individuato e usano diversi enzimi di restrizione, ognuno dei quali taglia entrambi i filamenti della doppia elica in corrispondenza di una specifica sequenza di coppie di basi. I tagli sono spesso sfalsati in modo che si formino frammenti provvisti di estremità a filamento singolo, dette estremità appiccicose o coesive.


INSERIMENTO  
Le tecniche che permettono l’inserimento di un gene o di un plasmide in una cellula batterica, vegetale, animale o in un protoplasto (ossia una cellula privata di parete e/o membrana cellulare) sono svariate; alcune di esse possono essere utilizzate per qualsiasi tipo di cellula mentre altre sono specifiche.


Le tecniche più diffuse sono: 

 L’elettroporazione: può essere applicata nella trasformazione di cellule provenienti da diversi organismi: animali, batteri e piante. Il metodo consiste nel sottoporre le cellule a uno shock elettrico in modo da rendere le membrane cellulari permeabili al DNA che si vuole inserire. La limitazione principale dell’elettroporazione è dovuta alla necessità di dover utilizzare protoplasti e non cellule vegetali integre (con parete cellulare).


 Utilizzo di Agrobacterium per il trasferimento di geni nelle cellule vegetali, come primo vettore si è utilizzato il batterio Agrobacterium tumefaciens, che veicola il plasmide “Ti”, che ha la caratteristica di integrarsi efficientemente entro i cromosomi della pianta, la quale accoglierà i geni nuovi precedentemente inseriti in questo plasmide.



Microiniezione: tecnica che  prevede l’inserimento, tramite una microsiringa, di piccole quantità di DNA,  in genere un picolitro (10-12 litri), in una cellula animale.

PEG: Polietilenglicolie 
 Nel metodo di trasformazione con PEG (sostanze in parte di origine naturale, usate come emulsionanti, ossia per mescolare le parti oleose con quelle acquose), il DNA plasmidico entra direttamente nei protoplasti o nelle cellule animali per assorbimento diretto grazie all’azione del PEG che rende permeabili  le membrane cellulari al DNA. Il PEG viene aggiunto a una soluzione contenente il DNA e i protoplasti o le cellule. 

Utilizzo di sali con lo scopo di creare pori nelle membrane cellulari rendendole permeabili al DNA esogeno. Per quanto riguarda le cellule animali viene utilizzato il CaCl2 mentre per le cellule batteriche il Ca3(PO4)2.
 
Fusione di protoplasti: tecnica utilizzata per produrre ibridi cellulari. Le  cellule parentali possono appartenere alla stessa specie o a due specie diverse. Queste vengono private delle pareti cellulari e trattate con PEG e sali di calcio e magnesio che servono alla fusione delle membrane e quindi l’unione di citoplasmi e nuclei delle cellule fuse. Questa fusione di cellule batteriche serve quindi al rimescolamento dei patrimoni genetici delle due cellule.

Alessia Pizzini
Lucia Wang



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